Nella discarica di Casa dolce casa vige la legge del riciclo.
Solo se saprai trasformare le bottiglie di plastica in lanterne e i rami spezzati in alberi maestosi riuscirai a farla franca.
Leggi bene le etichette. Controlla le scadenze. Annusa sempre prima di mangiare.
Portati una lente d'ingrandimento.
Comincia dal nostro albero, con un click.
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Corpi gettati, scartati, fantocci grigi, gambe e braccia che non servono più. Li vediamo ondeggiare molli e sgangherati in un mare impazzito di mani, manine, di occhi e di occhietti. Un visibilio, una festa, davvero, questi rifiuti umani, persone non più persone. Casa dolce casa, il coloratissimo spettacolo di Marcello Chiarenza e della sua compagnia di acrobati, camerieri improvvisati e pagliacci, cui ho assistito all'Arena del Sole di Bologna, non è certo uno spettacolo classico. Grandi e piccoli ci chiama direttamente in causa, con leggerezza e con poesia, chiedendoci di toccare con mano la condizione della povertà, per non dire della miseria più nera, per uscirne con l’inaspettato, con un miscuglio di divertimento, partecipazione e magia come antidoto ai fantasmi dell’autocommiserazione, del pietismo e dell’indifferenza.
A volte basta, come ci dimostra lo spettacolo, cambiare la forma e l’uso dei materiali e allora anche un cumulo di bottiglie di plastica può trasformarsi in un albero illuminato, capace di riscaldare le gelide e buie notti dell’Est.
Riciclare, ci insegna quest’anomala e allegrissima Casa dolce casa, nonché l’incontro con il clown Daniel Romila, è partire dai propri fallimenti per stravolgerli, farne arte e giocarci su, per cambiare il contesto cambiando gli altri insieme a noi stessi.
Non sempre, si sa, è cosa facile, bisogna prima, proprio come fanno i nostri eroi, mangiare topi, saltare in alto e rompere gli specchi.
Ci vuole coraggio per essere fantastici!
Tatiana Vitali e Lucia Cominoli