Calamite umane

Goodnight Peeping Tom è uno spettacolo interattivo, dove il pubblico è parte essenziale al pari degli attori protagonisti. Veicolo di congiunzione tra gli uni e gli altri sono gli ipnotici sguardi, fissi fino a raggiungere gli imbarazzanti antri dell’animo. I sorrisi e le smorfie sono le manifestazioni più palesi degli imbarazzi, suscitati da una sorta di “esercizio introspettivo”. L’urgenza di dover staccare lo sguardo da quello altrui rappresenta un piccolo e illusorio successo da parte di chi ne sente il peso e ne rimane ugualmente attratto.

La scena si ripete ciclicamente, passando da un attore all’altro, tanto che il gruppo di artisti e spettatori si amalgama in un unico abbraccio confidenziale. Le movenze lente ed accorte cadenzano ogni istante, arricchendo di contenuti propri gli animi degli spettatori, che possono cosi esprimere le proprie scelte per un incontro vis à vis con un interprete in un più intimo privè, racchiuso in un angolo privilegiato e posto su di una pedana raggiungibile attraverso un corridoio in salita. Ogni fantasia o curiosità può scoprire sorprendentemente la natura vulnerabile della mente umana.

Al centro della scena vi è l’attrice e regista Chiara Bersani che, dopo brevi istantanee di protagonismo, è già pronta a scendere da qualsivoglia piedistallo per mescolarsi alla coreografia corale costruita da tutti i soggetti coinvolti. Tenere lo sguardo sull’altro, come quando i bambini giocano a non ridere guardandosi fissamente, è il senso di sfida percepito da taluni. Questo racchiude, forse, il senso più profondo della performance. Uno ad uno, ogni spettatore si fa protagonista, affrontando la “ghigliottina” illusoria delle proprie timidezze. L’incontro più personale e penetrante con un performer, in uno spazio più ristretto ed intimo, rappresenta il culmine dello scambio umorale in atto e “richiesto”. Tutto è libertà per l’animo di ognuno, in quel ristretto e privilegiato universo di emozioni e sensazioni.

Racchiuso nello spazio di un’ampia sala, infatti, il silenzio si mescola e si intreccia con la voce, anch’essa silente, dei sospiri o dei volti sorpresi e arrossiti di composta riservatezza. Agli sguardi segue la vicinanza delicata e sensuale dei visi, quasi a sfiorarsi l’un l’altro in un caldo e voluttuoso gioco di tacite complicità.

I quattro performer assumono sempre più le sembianze tentatrici di “calamite umane” nei confronti di ignavi “elementi metallici”, che, contagiati da tale forza attrattiva, si lasciano pervadere dalla magica ed intima atmosfera creata tutta attorno, sciogliendo ogni indugio a compiere gesti coraggiosi di compartecipazione.

E io, che non volevo entrare, ho sorriso e ho molto ascoltato. Mario Fulgaro