L’uomo che disegnava la luce del nulla. Breve omaggio a Maurizio Viani

C'era una volta un uomo di nome Maurizio che sapeva disegnare la luce del nulla.
Accadde per la prima volta all'inizio degli anni '80 quando si trovò a dover esaudire il desiderio di un amico, un uomo di nome Leo De Berardinis, non un saggio, non un mago, non un eroe ma un regista che a teatro si dice sapesse dare vita a dei sogni.
In quel momento il grande Leo stava lavorando con la sua compagnia alla tragedia di Shakespeare Amleto e disse a Maurizio, che lì, proprio accanto a lui, su quel palco e in quel preciso momento aveva assolutamente bisogno della luce del nulla e che se entro breve tempo non gliela avesse procurata non avrebbe più potuto andare avanti con il suo sogno. Maurizio non avrebbe deluso Leo per niente al mondo, tanto la pensavano allo stesso modo sui sogni e su un sacco di altre cose.
E così fece. Fece la luce del nulla, che è una luce così bella che la può raccontare solo chi l'ha vista.
Maurizio aveva dei lunghi baffi e la barba. Alcuni sostengono che fosse lo spettro di un anarchico di fine ottocento, capitato da noi negli anni '80 e '90 un po' per caso.
Maurizio era un uomo timido, anche se era nato a Reggio Emilia, che, si sa, è una città che proprio tanto riservata non è. Lui invece era un tipo silenzioso che però quando aveva per le mani i colori della luce e le lattine di birra se ne fregava di tutto e di tutti e cominciava a scrivere delle poesie sul corpo degli attori che sembravano delle grida fortissime. Quelle grida si imprimevano negli occhi di chi le ascoltava e non se andavano più, perché Maurizio era un poeta che, ogni sera, inventava per sé e per gli altri nuovi spazi di libertà.
Lo ha fatto per l'ultima volta qui, nella nostra Antigone de Le Belle Bandiere, dove subito ci siamo accorti che rispetto agli spettacoli che avevamo visto c'era qualcosa di nettamente diverso…quelle luci…ci rimbombano ancora nella testa…così scure eppure così perfette, una cosa sola con la voce, il gesto e lo spazio, venute chissà…forse da un oltre che non conosciamo, ad indicare quella ferita rossa sul fondale, che ci canta di Antigone, che si burla di noi.
 
Grazie Maurizio,
avremmo voluto continuare ad ascoltare le tue poesie. La redazione