La città è dentro o fuori dalla scena?

Che entri pure lo spettatore! – “Benvenuto”-  mi accoglie e mi chiede di guardare una bacheca sulla parete: è solo un esempio rispetto al resto della scenografia. Immagini, mattoni, astrattezze in legno che non significano nulla a prima vista. Una scheda su cui scrivere il primo pensiero. – “Sarà utile a cosa scrivere quello che mi passa per la testa?“ – Mah, partecipo perché mi diverte il gioco.               

             Ecco lo spettatore sul palco! Inizia il percorso. Al centro della scena una piazza di panche, attorno un intreccio di bacheche, simboli, sculture lignee, disegni e scrittura.

Frasi di chi quello spettacolo già l’ha visto, già l’ha fatto. 

Un rapido sguardo attorno alla piazza: parole come Cancellazioni, Cilicio, Maschere, Alberi, Oblii  lasciano intendere che la città non è rimasta fuori dal teatro, è lì, dentro. Le bacheche, le scatole diventano strade, volti, incroci, bivi, semafori …  diventano la città di cui il mondo è parte.

Mi interrompono la gita. Sembra abbia inizio una visita guidata. – “Gli spettatori si accomodino sulle panche!” – ecco la parola al ciarlone di turno. Via al monologo del capopopolo! – “Raccogliete i pensieri scritti e portateli al centro della scena “ – in piazza!

La discussione … non inizia!

Inizia la lettura.

Il capopopolo si atteggia a portavoce e il monologo lo recitano tutti.

Storie quotidiane: la morte di un padre, la richiesta di un amico, l’arrivo di una brutta notizia, la pazzia di un nuovo ospedale psichiatrico, la poesia, Alda Merini, la risposta di una persona fragile, l’inerzia, gli inetti, i barboni , i precari… tutte battute di un copione che quella sera, solo quella sera, va in scena.

La panca su cui sono seduto è la mia percezione. Vedo persone accomodate sulle proprie percezioni, sui propri incontri e rido di come tanta quotidianità rende sorpresi e consapevoli i neoattori abitanti di questa città. Sorrisi, sospiri, sorprese supportano il discorso.

Intanto una grande cassettiera riempie lo spazio dietro al portavoce – Gigi Gherzi –  dove si conservano le immagini, i ricordi della città, della fragilità, dell’organizzazione cittadina. Uscendo dal teatro ho immaginato di conservare in uno di quei cassetti la frase: “La città è FUORI di SCENA”. Donato Nardella